Numeri dal fronte del lavoro. Una Sanguinosa guerra di classe

È una guerra, impari, quella del lavoro: centinaia di morti e pochissime conseguenze per i responsabili. I sacrificati sull’altare del profitto meritano il clamore utile ad un passaggio sui media, sui social, sulla carta stampata ma nulla di più. Le morti bianche servono alla tivù del dolore ma difficilmente si sa qualcosa delle inchieste che vengono avviate in conseguenza dell’accaduto e dei relativi colpevoli – quando vengono avviate. Uno strato di impunità verso politici, imprenditori, mercanti di carne umana copre come una cappa la realtà delle cattive condizioni di lavoro per molte persone in Italia ed il racconto degli infortuni sul lavoro è una fotografia del giorno d’oggi, della tragedia cui molte famiglie sono costrette. Se si vanno a sviscerare i dati risulta che la morte o la menomazione fa parte del mondo lavorativo italiano, sempre più organizzato in modo tale che la “risorsa umana” possa essere facilmente sostituita e non arrechi troppi danni allo scorrere ordinato del capitale.

La globalizzazione ha indebolito l’impatto delle lotte degli sfruttati sul piano della conquista dei diritti, ponendo sempre più i lavoratori in conflitto fra loro in una guerra fra poveri permanente ed al ribasso in termini di garanzie e sicurezze. Oltre a ciò, il continuo e operoso lavoro di chi legifera a favore dei padroni è sempre più affinato e, quando ciò non basta, si può sempre produrre in paesi dove sia la vita delle persone sia l’inquinamento ambientale possono essere meglio svendute rispetto a quei paesi in cui le lotte, spesso soltanto quelle, hanno mantenuto alti i livelli di attenzione e precauzione. I dati che porteremo all’attenzione provengono tutti da fonti istituzionali che giornalmente certificano la mattanza, in un cordoglio manieristico e ben lungi dal far inceppare il profitto.

In dieci anni sono circa tredicimila i lavoratori morti in Italia e circa mezzo milione le denunce di infortuni ogni anno. Monitorando come esempio la regione Marche a cadenza non regolare (l’Osservatorio sugli Infortuni sul Lavoro curato dal CSL Fabbri di Jesi), otteniamo uno spaccato della realtà lavorativa regionale. Gli ultimi quattro mesi ci mostrano uno scenario che pochi avrebbero immaginato in passato. Il nuovo anno si porta dietro tutti i problemi di sicurezza nei luoghi di lavoro, tutte le carenze di controllo sulla salubrità e la messa a norma aggravatisi in questi anni, che si susseguono in una tragica continuità, in cui l’arrivo di un conflitto armato ai confini europei ha portato nuovi scenari di contrasto tra potenze e poteri e per la classe lavoratrice rimangono sempre gli strazi e lo spargimento di sangue come da sempre su tutti i fronti.

Tra i comparti lavorativi della regione Marche quello più colpito è certamente il distretto calzaturiero legato a doppio filo al mercato russo, ormai in una costante crisi occupazionale dovuta alle varie sanzioni negli anni. Il rincaro delle materie prime, soprattutto energetiche, mette sempre più lavoratori in condizione di povertà, vedendo il loro potere di acquisto prosciugato dai continui aumenti. In questi mesi, nonostante la riduzione dei necessari controlli, sono stati scoperti decine di lavoratori in nero. Il caso più eclatante è quello di caporalato in un’azienda vincitrice di un bando della prefettura per la gestione di centri di accoglienza: l’azienda tratteneva stipendi interi ai lavoratori senza versare gli straordinari e facendo svolgere mansioni non previste. Un caso scoperto anche grazie all’Ispettorato del lavoro, istituzione però sempre più in affanno a causa del depotenziamento subito nel tempo, con una continua emorragia di personale mai utilmente rimpiazzato. Il risultato finale mostra oggi, nelle Marche, un organico dimezzato rispetto a dieci anni fa a livello provinciale: in Ancona sono in servizio 41 persone contro le 61 presenti nel 2015, a Pesaro ce ne sono 33 ed erano 42, Macerata 27 contro i 60 passati, mentre ad Ascoli Piceno sono in 29 nonostante l’impegno ulteriore richiesto in queste ultime due province, dove si stanno aprendo e poco controllando le centinaia di cantieri della ricostruzione post sisma; ricostruzione che tra l’altro prosegue a rilento. Le cifre mostrate si riferiscono al personale amministrativo e ispettivo.

Quest’ultimo sopperisce poi alle carenze del primo e gli ispettori tecnici sono al massimo 3 per ogni sede dell’Ispettorato a livello territoriale. Con questi numeri è evidente che, per quanti corsi sulla sicurezza i lavoratori possano frequentare, nulla impedisce ai padroni di arricchirsi non rispettando norme di sicurezza o non fornendo adeguati e costosi DPI. I dati del primo bimestre del 2022 mettono le Marche tra le regioni italiane meno sicure in rapporto alla forza lavoro, con un’incidenza maggiore del 25% rispetto alla media nazionale (im = indice incidenza media, pari a 3,7 morti ogni milione di lavoratori) insieme a Molise, Toscana e Sicilia. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’INAIL entro lo scorso mese di febbraio sono state 121.994, in aumento del 47,6% rispetto alle 82.634 del primo bimestre del 2021 e del 26,4% rispetto alle 96.549 del periodo Gennaio-Febbraio 2020. Di queste, 114 hanno avuto esito mortale, in aumento del 9,6%, 10 in più rispetto alle 104 registrate nel primo bimestre del 2021 e sei in più rispetto alle 108 del periodo Gennaio-Febbraio 2020.

Alla fine, per farsi un’idea ulteriore della tragedia del lavoro in Italia, basta ricordare come nel 2019, in assenza della pandemia, le denunce di infortunio sono state 642 mila. È chiaro che non c’è bisogno di elmetti ed armi per difendere confini inesistenti o patrie fatte da padroni: la classe lavoratrice ha già numeri di una guerra tra morti e feriti, registrati annualmente, da troppo tempo ormai, con una classe politica che non ha mostrato concretamente interesse alcuno a frenare questo spargimento di sangue che fa da fondamento alla concorrenza capitalistica di sfruttamento della forza lavoro con altre parti del mondo.

Jorio Medici

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Dicembre 2021 – marzo 2022 – Osservatorio Infortuni

Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” di Jesi

Questi quattro mesi di distanza dall’ultimo osservatorio ci mostrano uno scenario che pochi avrebbero immaginato nell’anno passato. Il nuovo anno si porta dietro tutti i problemi di sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, tutte le carenze nei controlli della salubrità e la messa a norma, realtà che assume caratteri drammatici anche per la sua continuità negli anni. (…).

3 Dicembre – Serra San Quirico: operaio trentacinquenne rimane con entrambe le mani sotto una pressa in un azienda di materiali plastici, soccorso in gravi condizioni rischia di perdere entrambe le mani.

7 Dicembre – Ascoli Piceno: camionista muore tra le lamiere del proprio mezzo che si schianta contro un capannone industriale.

17 Dicembre – Gualdo: quarantanovenne si amputa un dito con una sega a nastro durante il lavoro con la sua ditta in una casa di campagna.

24 dicembre – Ancona: dipendente di un supermercato finisce in ospedale malmenato da un cliente ripreso per non ottemperare all’obbligo di mascherina.

29 dicembre – Osimo: dipendente di un azienda di spedizioni investito alla fermata dell’autobus mentre usciva dal lavoro.

4 gennaio – Penna San Giovanni: tre dipendenti di una casa di riposo positive su 16;
Torrette: nell’ospedale regionale sono quaranta gli infermieri contagiati.

12 gennaio – Porto Recanati: cinquantaseienne muore cadendo da una scala appoggiata ad un terrazzo mentre ripara una tubatura da circa 3 metri d’altezza, cadendo rovinosamente su una scalinata.

14 gennaio – Ancona: operaio sessantenne cade da 4 metri per un cedimento dell’impalcatura di allestimento di uno yacht, ricoverato in gravi condizioni: Macerata: schianto tra un autocarro e un camion in superstrada, il conducente del mezzo di minor portata ricoverato in gravi condizioni; Senigallia: dipendente Asur di cinquant’anni riporta un trauma cranico a causa di un pino che cade sul suo mezzo mentre percorre la strada per l’ospedale cittadino.

16 gennaio – Sassoferrato: operatore ecologico investito da un auto mentre raccoglie i rifiuti e viene elisoccorso.

18 gennaio – Senigallia: tre operatori in casa di riposo contagiati; Ostra: cinque operatori in casa di riposo contagiati; Civitanova Marche: cinque vigili urbani contagiati.

29 gennaio – Cingoli: furgone con cinque operai esce di strada al rientro a casa, un operaio di ventinove anni muore e un altro rimane gravemente ferito, gli altri tre illesi.

9 febbraio – Numana: operaio di cinquantasette anni cade da un trabattello da circa 5 metri, perde conoscenza dopo aver battuto la testa riportando anche varie fratture, viene elisoccorso ed è grave.

13 febbraio – Jesi: rider di trentadue anni in bici viene investito da un auto mentre era in consegna.

14 febbraio – Serra dei Conti: furgone adibito al lavoro esce di strada e perde la vita il conducente.

28 febbraio – Fano – CRAI operatrice addetta alla macelleria rimane incastrata con un dito nel tritacarne.

9 marzo – Jesi: operaio trentatrenne giardiniere, viene colpito alla testa dal ramo che stava tagliando, si procura una profonda ferita e cade per 8 metri in una scarpata, ricoverato.

16 Marzo – Pesaro: geometra di quarantanove anni muore in un incidente stradale durante il tragitto per il lavoro.

19 marzo – Monsano: agricoltore cade dalla scala mentre pota, viene elisoccorso per politraumi: Jesi: incidente stradale coinvolge un infermiera ventiseienne mentre si reca al lavoro.

31 marzo – Serra san Quirico: operaio di quarant’anni rimane incastrato con un guanto da lavoro nel nastro che trasporta ghiaia nella cava della gola della rossa, incastrandovi tutto l’avambraccio; nonostante gli altri operai fermino il nastro, riporta un grave trauma da schiacciamento all’arto.

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